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RECUPERO & CONSERVAZIONE - I parte

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MOSTAR - IL PROGETTO DI UN PONTE PIETRA PER PIETRA -  I parte

di Manfredo Romeo e Malika Mela

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Il Ponte Vecchio di Mostar, (Stari Most), era un ponte in pietra di una singola campata di quasi 29 metri di luce, con curvatura assimilabile ad un arco di circonferenza con centro ribassato, (seppure con delle particolarità alle imposte ed in chiave). Era caratterizzato da forme snelle ed eleganti: la sua sagoma ed il suo profilo erano così sottili ed elevati sopra le acque del fiume che era difficile credere che una struttura simile potesse essere fatta di enormi blocchi di pietra. Costruito in tenelija, (pietra calcarea locale), era di colorazione di tono chiaro, a volte brillante e cangiante durante le ore del giorno con la luce del sole.

Il ponte fu concepito principalmente come una struttura funzionale, finalizzata perlopiù a collegare le due sponde del fiume: probabilmente, in origine, non voleva avere alcun valore rappresentativo o monumentale, ed il suo progetto è stato sensibilmente influenzato dalla morfologia del sito che è completamente sposata dalle murature delle spalle. Il complesso monumentale, includendo le torri di fortificazione ad esso adiacenti, è arroccato e parte integrante del sito: la muratura nasce dalle rocce e avvolge le sponde; il tutto si è sviluppato in tempi successivi coerentemente con gli avvenimenti storici e le necessità di protezione e difesa militare del passaggio sul fiume.

Il ponte aveva pochi e sobri accorgimenti estetici e nessun elemento ornamentale; la sua bellezza architettonica e il suo valore erano da ricercare nella semplicità e nella essenzialità della struttura.

1-2. Viste del ponte di Mostar prima della sua distruzione

 


Una mediazione improbabile


Sono trascorsi quasi dieci anni da quando infuriava la guerra civile in Bosnia e l’antico ponte ad arco di Mostar veniva distrutto dai colpi dell’artiglieria croata. Dietro la scomparsa di questo monumento vi era molto più che un danno al patrimonio culturale dell’umanità: si consumava, infatti, un dramma di identità culturale per un popolo che individuava in quella struttura uno dei riferimenti storici relativi alla propria origine ed un motivo di aggregazione sociale. Il ponte era il cuore di Mostar, da questo hanno tratto il nome sia la città che gli abitanti, (in serbo-croato "most" significa ponte ed i "mostari" ne erano i guardiani).

Costruito nel 1566 dagli Ottomani, è stato, da allora, un simbolo per tutti: Mussulmani, Serbi e Croati. Solo durante la guerra civile ha acquisito, in parte, una funzione strategica, ma soprattutto è stato identificato come la materializzazione della cultura e delle radici mussulmane in Bosnia. La distruzione del ponte di Mostar, in relazione alla presenza di una comunità islamica nel cuore dei Balcani, ha comportato, quindi, molteplici e complessi significati che hanno toccato direttamente gli interessi e gli equilibri politici mondiali.

All’indomani degli accordi di pace si può dunque capire quale importanza e quali interessi potesse coinvolgere il ripristino di un monumento che aveva acquisito tante valenze sociali e politiche al momento della sua distruzione. Prescindendo dalle questioni strettamente architettoniche, sia a livello locale che internazionale, è prevalsa la volontà di ricostruire quanto perduto per cancellare una mutilazione al nucleo storico della città che difficilmente poteva essere accettata dall’immaginario collettivo della popolazione e che non poteva essere colmata nemmeno da un’architettura contemporanea che ne ricordasse le geometrie.

Tale scelta si scontra, tuttavia, con l’attuale approccio al restauro, mirato esclusivamente alla preservazione e conservazione del patrimonio monumentale ed architettonico. Il progetto per il ponte di Mostar si trova pertanto davanti ad un’improbabile mediazione di esigenze teoriche e scientifiche maturate in anni di storia del restauro da un lato, ed una volontà politico-sociale non trascurabile dall’altro.

3. Vista aerea della zona dopo gli eventi bellici

4-5. Il sito come appare dopo la distruzione del ponte

6. Il rilievo del 1955, in pessime condizioni di riproduzione, presentava sistemi di quotatura multipli che potevano essere messi a confronto. 7. Alcune elaborazioni fotogrammetriche applicate ad immagini dei due prospetti del ponte così come appariva prima e dopo la distruzione.

Una prima ipotesi, finalizzata al ripristino del monumento ed auspicata dalla cittadinanza di Mostar, consisteva in una discutibile ricomposizione per anastilosi, utilizzando quanto era stato recuperato dall’alveo della Neretva: si voleva ricostruire il ponte dalle sue stesse macerie come per riparare un danno e fingere che nulla fosse andato perduto. Tale progetto si è rivelato ben presto irrealizzabile sia per motivazioni tecniche che teoriche. I materiali recuperati dal fondo del fiume, in gran parte ancora assemblati e fratturati, erano una percentuale poco significativa rispetto alla totalità della struttura: circa il 10%. Questi, per poter essere riutilizzati, avrebbero dovuto subire interventi irreversibili che ne avrebbero compromesso il loro valore di testimonianza storico-artistica e, in molti casi, vi erano incertezze sull’esatta collocazione originaria. Il risultato di una simile operazione appariva assai dubbio: non avrebbe certo restituito né l’integrità né il valore del monumento ed avrebbe condotto ad esiti ingannevoli per la promiscuità fra elementi antichi e nuovi dovuta ad una massiccia reintegrazione.

Nonostante fosse caduta l’ipotesi della "ricomposizione" si richiedeva comunque al progetto architettonico di riproporre una struttura identica alla precedente, così come appariva prima degli eventi bellici, con la precisa ed impegnativa richiesta di rispettare ogni minimo dettaglio, ogni particolare tecnologico interno, ogni singolo elemento lapideo. Una scelta per certi versi triste in un contesto postbellico difficile, dove sicuramente gli architetti e le carte del restauro non sono ancora in grado di dare delle risposte convincenti.

Tuttavia il progetto ha cercato di introdurre delle mediazioni e delle variazioni a questa scelta di base per giungere ad una soluzione di compromesso: alla ricerca di una totale mimesi si è contrapposta la scelta di inserire dei giunti di dichiarazione e delle marchiature sulle pietre, in modo tale da distinguere permanentemente l’inserimento della struttura nuova rispetto agli elementi residui dello stesso ponte in prossimità delle spalle. Il progetto cerca, dunque, un equilibrio difficile tra una totale mimesi del nuovo intervento con l’antico ponte ed una volontà contrapposta di dichiarare in maniera evidente il confine fra il nuovo e l’antico.

Si tratta di due approcci antitetici che dovrebbero, da un lato, rispondere all’esigenza socio-politica del ripristino della struttura, e quindi dell’intero complesso monumentale dello Stari Most, e dall’altro garantire una lettura non ingannevole dell’intervento dal punto di vista storico-critico. La presenza di giunti di dichiarazione, ovvero di una "frattura visibile" fra nuovo e antico è finalizzata anche alla preservazione della memoria di quanto è accaduto durante la guerra civile: cancellare ogni segno degli eventi bellici corrisponderebbe ad una volontà antistorica, ed al rifiuto della memoria di quanto accaduto.

Il "nuovo vecchio ponte di Mostar" ha consentito di preservare senza alterazioni il valore storico-artistico del "vero ponte di Mostar", rappresentato esclusivamente dalle pietre recuperate dal fiume, in parte ancora assemblate, ed unica testimonianza di una tecnica che si è rivelata estremamente complessa e raffinata. Tali pietre non sono dunque solo frammenti di materiale lapideo lavorato, ma sono dei veri e propri monumenti: imponenti ed estremamente suggestivi, ricordano in parte le geometrie del ponte e ne svelano i segreti strutturali custoditi per quasi cinquecento anni.

Il progetto ha indicato come requisito fondamentale ed irrinunciabile che questi reperti vengano preservati e custoditi in un museo e che questa operazione non possa essere considerata indipendente ma contestuale al cantiere per la ricostruzione del ponte.

 


Il rilievo di qualcosa che non esiste più:


Il progetto per il ponte di Mostar è stato preceduto da una fase di studi in differenti settori, al fine di giungere ad una conoscenza approfondita del monumento. Uno di questi, che ha richiesto particolare impegno, è stato quello relativo alla determinazione della geometria della struttura: una impresa che si è presentata alquanto complessa dal momento che il ponte non esisteva più ed ogni misura doveva essere desunta da materiale grafico esistente e da elaborazioni fotogrammetriche integrate.

Il rilievo del ponte è stato definito attraverso le coordinate degli spigoli di ogni pietra ed i valori numerici sono stati sottoposti ad un confronto ponderato basato sull’attendibilità delle fonti e delle misure, in funzione anche delle tecniche di rilievo documentate. Le incongruenze individuate sono state isolate e risolte con l’utilizzo dei dati limitrofi.

L’analisi condotta sui rilievi si è avvalsa ampiamente di sistemi informatici per la gestione del gran numero dei dati e per alcune operazioni di calcolo, ma le incongruenze rilevate sono state comunque analizzate singolarmente. Al termine di questo studio è stato possibile determinare la geometria di quello che è stato propriamente definito "il più probabile ponte di Mostar".

8-9. Sistema di assemblaggio dei perni nell’arco portante: sul concio da assemblare veniva intagliato un alloggiamento dove veniva inserito, per metà della sua lunghezza, un perno a sezione quadrata con le estremità svasate, questo veniva poi vincolato alla pietra con del piombo fuso. Il concio così preparato veniva successivamente assemblato facendo sì che il perno entrasse in una cavità predisposta sul concio in opera; infine veniva gettato, attraverso delle speciali canalette precedentemente intagliate nelle pietre, del piombo fuso fino a rifiuto. Vi erano uno o più perni per ogni concio dell'arco portante e persino i parapetti, per resistere a ribaltamento, erano dotati di perni verticali e di speciali canalette per farvi giungere il piombo fuso al variare delle inclinazioni.

10. Spaccati assonometrici che evidenziano il sistema di staffatura: vi erano grappe metalliche a forma di U su ogni singolo elemento lapideo; sull’arco portante vi erano coppie di staffe a cavallo dei giunti fra conci di uno stesso filare (fig.9) ma vi era anche un sistema di staffe continue applicate sull’estradosso che simulavano una sorta di cerchiatura.

11.Perno metallico in opera dalla caratteristica testa svasata e sezione quadrata. 16.Perno con un’estremità ancora avvolta dal piombo. 17.Perno avvolto nel piombo: qui il metallo fuso ha saturato anche le cavità limitrofe assumendo una forma alquanto irregolare. 18.Grappa metallica con le estremità ancora avvolte dal piombo.

15-17.Elementi lapidei della cornice superiore con staffe e perni per ancorare il parapetto. 18.Porzione del parapetto: è visibile il perno di ancoraggio. 19.Due conci dell’arco portante: sono visibili le staffe a cavallo del giunto, una staffa della parte estradossale e un perno rimasto ancora in opera. 20.Vista della piattaforma dove sono state raccolte, in un primo momento, le pietre recuperate dal fiume.

 


Un sistema tecnologico complesso


Lo studio del monumento e delle parti recuperate, nell'ambito del progetto, ha rivelato una raffinata tecnica costruttiva del ponte secondo la tipologia della muratura staffata, (già nota all'architettura Ottomana ma qui egregiamente interpretata): i blocchi di pietra del ponte erano vincolati, oltre che con uno strato di malta, anche da un articolato sistema di staffe e perni metallici sistemati in sedi appositamente intagliate nella pietra e successivamente riempite con piombo fuso in maniera diretta o tramite canalette.

Questo apparato tecnologico era molto complesso e programmato nel dettaglio al fine di evitare interferenze fra l’alternanza dei giunti nella muratura, il sistema dei perni, delle grappe e degli intagli per il getto del piombo.

Il fatto più interessante è che l’apporto strutturale di questi dispositivi metallici era prevalentemente a sforzi di taglio ed essi avrebbero potuto lavorare quasi esclusivamente in caso di carichi orizzontali come avviene durante un evento sismico o per una spinta idrodinamica delle acque del fiume durante una forte piena che investa interamente o parzialmente la struttura ad arco del ponte.

 


Indagini e studi


Le indagini e gli studi condotti dal gruppo di progettazione sono stati numerosi ed alcuni sono stati specificamente elaborati per dare risposte a problemi tecnici e teorici oggetto di delicati dibattiti in commisioni presiedute da PCU - Project Coordination Unit, UNESCO, ICE - International Committee of Experts e WB - World Bank. Si riporta un elenco degli studi pre-progettuali che si sono resi necessari:

  • determinazione della geometria del ponte
  • analisi matematica della curvatura dell’arco
  • studio delle modularità e raffronto con l’arsin, (unità di misura antica usata in quelle aree)
  • studio sulla composizione progettuale e sulle scelte del progetto originario
  • determinazione della configurazione del sistema tecnologico interno
  • determinazione delle misure tipologiche di dettaglio dei vari elementi
  • ipotesi su metodi di taglio e di assemblaggio
  • ipotesi sulla possibile configurazione ed organizzazione del cantiere antico
  • studi e statistiche relative all’ipotetico riuso dei materiali recuperati
  • ritrovamento delle posizioni originarie di ogni elemento lapideo recuperato
  • connessione fra struttura antica e nuova: formulazione di più ipotesi

Quanto sopra elencato si è aggiunto alle ricerche storiche, all’analisi dei materiali ed alle indagini diagnostiche appaltate a società o studi specializzati. Riassumendo per tipologia, sono state condotte:

  • ricerche storiche
  • scavi archeologici nell’intera area
  • indagini geognostiche con varie tecniche
  • indagini geofisiche
  • indagini ultrasoniche
  • analisi su tutti i materiali antichi e di nuova estrazione
  • studi su malte antiche
  • prove di resistenza dei materiali
  • prove di laboratorio per gli assemblaggi

 


Il progetto pietra per pietra


Il progetto per la ricostruzione del ponte nasce dagli studi e dalle ricerche sulla struttura antica. I risultati delle analisi si sono spesso trasformati in specifiche tecniche per il cantiere ed il complesso lavoro per ritrovare la geometria del ponte è divenuto direttamente la base per produrre tutti gli esecutivi di taglio.

Il progetto, impostato secondo un approccio per singoli elementi lapidei, ha prodotto esecutivi dettagliati e, con l'ausilio di strumenti informatici, ha fornito 45.000 quote e misure finalizzate alla gestione di oltre 1000 blocchi di pietra e quasi 1700 elementi di ancoraggio, tenendo conto delle tolleranze e delle metodologie di lavorazione.

La notevole quantità di dati ha imposto un’imponente gestione informatizzata di tutto il lavoro: così fin dalle fasi di analisi, ogni singolo elemento della struttura è stato definito dalle sue coordinate spaziali, e le dimensioni sono state desunte da calcoli secondo le regole della geometria analitica dello spazio. Per produrre il layout definitivo degli esecutivi di taglio, i dati numerici del progetto sono stati esportati in un data base ed attraverso questo sono state generate centinaia di schede, suddivise in quattro volumi, con quote, coordinate e rappresentazioni grafiche relative.

L’impiego di sistemi semi-automatici per la redazione della parte degli elaborati esecutivi relativi al taglio delle pietre ha garantito elaborati esenti da errori di battitura ma ha richiesto tuttavia l’applicazione di un sistema di controllo dei risultati ottenuti che scongiurasse la presenza di errori nell’intero processo di calcolo o nell’esportazione dei dati.

Per collegare i dati numerici in maniera univoca alle rappresentazioni grafiche sono state realizzate delle routine software per trasformarli in grafica digitale. Questa procedura ha consentito una quotatura ed una rappresentazione degli elaborati di progetto coerentemente con i dati numerici sorgente.

21.Estratto dagli elaborati di progetto: prospetto sud - stato di fatto - tavola CU-03. 22.Scheda riferita ad un filare di conci dell’arco portante; tratta da uno dei volumi per il taglio esecutivo delle pietre, nella quale sono fornite tutte le dimensioni e le quote per le varie fasi della lavorazione: dall’estrazione all’assemblaggio finale.

23-26. I lavori di ricostruzione del ponte in fase di esecuzione. Particolarità strutturali e di cantiere saranno riportate nella seconda parte di questo articolo, sul prossimo numero di recupero&conservazione

La complessità degli esecutivi di progetto è derivata fondamentalmente dal fatto che vi era una considerevole variabilità nella geometria dei singoli conci che componevano l’arcata portante del ponte, e che vi erano numerose irregolarità nella geometria. Si comprendeva come queste imperfezioni conferissero, in realtà, bellezza alla struttura antica e che pertanto non dovessero essere ignorate. Il rischio era infatti quello di riproporre una geometria regolare e una materia così levigata da non avere alcuna somiglianza con il ponte antico.

Nello stesso tempo era chiaro che il materiale impiegato, la pietra calcarea, non era compatibile con esecutivi che prevedevano forme e precisioni difficili da realizzare persino in acciaio. Così è stato introdotto un sistema di gestione delle tolleranze attraverso controlli reiterati che potesse garantire una maggiore fattibilità ed, allo stesso tempo, un mantenimento delle irregolarità anche a piccola scala. È da tenere però presente che l’operazione era molto delicata, in quanto un errore concorde di soli 9mm su ogni filare di conci avrebbe condotto ad una discrepanza di un metro in chiave.

Infine è stato sviluppato un sistema tecnico-pratico per poter realizzare il taglio dei singoli blocchi con l’ausilio di pochi sistemi di misura quali cordini e mascherine metalliche di riferimento. Senza una procedura operativa semplificata la considerevole mole di misure e quote sarebbe stata incompatibile con le esigenze del cantiere.

Una peculiarità di questo progetto risiede nel fatto che le opere non potevano essere rappresentate unicamente nella loro configurazione finale da degli elaborati, ma necessitavano anche di informazioni dettagliate su come queste dovessero essere realizzate nelle singole fasi di lavoro, dato che oggi non esistono imprese che hanno esperienza in una tecnologia così particolare come quella usata dagli Ottomani quasi cinquecento anni orsono. Si è dovuto procedere a delle sperimentazioni di laboratorio per poter stabilire quali fossero queste specifiche tecniche e per verificarne la correttezza e la fattibilità. L’intera raccolta di tutti i requisiti di assemblaggio ha formato una sorta di manuale di prescrizioni contenute nel più vasto "final design - architectural report". Questo è entrato a far parte integrante del progetto e per garantire una corretta interpretazione delle terminologie tecniche è stato corredato di vasta grafica e di un dizionario interno dei termini tecnici impiegati e delle convenzioni utilizzate per consentirne l’uso ad un gruppo di lavoro internazionale.

 

Scheda di cantiere

Committente: Town of Mostar – BiH

Ente preposto: PCU Project Coordination Unit – Mr Rusmir Čišić - Mr Tihomir Rozić

Gestione dei fondi: World Bank – Washington – USA

Gestione degli appalti: PCU TA - Technical Assistance – ing. Gilles Pequeux

Paesi donatori: Italia, Turchia, Francia, Olanda, Croazia e Banca Europea

Supervisione scientifica: UNESCO e ICE – International Committee of Experts

Consulenza tecnica: consulente per la World Bank – arch. Carlo Blasi

Importo dei lavori: 16,5 milioni di dollari

Progetto architettonico esecutivo: General Engineering - Firenze - arch.Manfredo Romeo - tech.Giovanni Checcucci - arch.Francesco Gazzotti - arch.Alessio Talarico - arch.Paola Marrone - arch. Orazio Soleti - arch.Giuseppe De Giosa - arch.Franco Gualtieri - arch.Patrizio Simoncini - arch.Malika Mela - arch.Francesca Tartaglione - arch. Antonio De Siervi - arch.Sabrina Fungi - arch.Barbara Corazzi - arch.Bernardo Rossi - tech. Miki Shinohara - arch.Giovanni Anzani - ing. Niccolò Baldanzini - ing. Francesco Cenni - ing. Giancarlo Capanni - tech. Bruno Bonuccelli.

Progetto strutturale esecutivo: Dipartimento di Ingegneria Civile dell'Università di Firenze - prof.ing. Andrea .Vignoli - prof.ing. Paolo Spinelli - prof.ing.Franco Angotti - prof.ing. Fabio Selleri - ing. Maurizio Orlando - ing.Cristiano Casamaggi

Prove sui materiali: LGA – Germania – ing. Gregor Stolarski

Indagini geognostiche: Conex – Yeralti Aramacilik – Bosnia e Turchia – ing.Zoran Steger

Direzione lavori: Omega Engineering – Croazia – arch. Zeliko Pekovic

Impresa: ER-BU – Turchia – ing. Omer Biyikoglu

Tempi di esecuzione: 2002-2004

Tutti i dettagli del progetto e le specifiche tecniche sono disponibili su internet

Sito web del progetto: www.gen-eng.florence.it/starimost

Documentario su SuperQuark in onda il 16 settembre 2003 sulla RAI

 


CREDITS:

Il General Engineering WorkGroup ed il Dipartimento di Ingegneria Civile dell’Università di Firenze hanno realizzato il progetto esecutivo architettonico e strutturale per la ricostruzione del ponte vecchio di Mostar, in Bosnia Erzegovina.

di Manfredo Romeo e Malika Mela

architetti, liberi professionisti

General Engineering WorkGroup

www.gen-eng.florence.it

www.gen-eng.florence.it/starimost

 

SOURCE:

Recupero & Conservazione - n° 52 - deLettera

www.delettera.it

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